IBM:
International Business Machines Corporation, comunemente conosciuta come Ibm o , è la più grande azienda informatica del mondo ed anche una delle più antiche. Con un organico di 400 mila dipendenti circa, la società americana opera nel complesso in 170 Paesi e produce microprocessori, supercomputer, server, software per lo sviluppo e la gestione di infrastrutture informatiche.
Fondata nel 1888 ad Endicott, vicino a New York, l’azienda ha assunto l’attuale ragione sociale nel 1911, per volontà di Thomas J. Watson che ha rilevato l’attività di Hermann Hollerith, l’inventore della scheda perforata. Dopo la quotazione alla Borsa di New York, nel 1927 è stata inaugurata la filiale italiana e nel 1995 è nata la divisione software della società. Nel 2004 Ibm Corporation ha ceduto a Lenovo (azienda leader in Cina e sui mercati asiatici attiva nella produzione di PC, Cellulari, server e periferiche) Pc Global, la parte dell’azienda che produce computer desktop e portatili.
Arriva da Ibm Italia il nuovo giornale online “thinkMagazine”
Ideato per tenere informati i lettori sui temi della trasformazione digitale e dell’innovazione. thinkMagazine è, in sintesi, «tutto ciò che “in Ibm fa notizia”: un’attualità ad ampio spettro che copre i più importanti trend tecnologici – da Watson al Cloud, dalla Cybersecurity all’Industria 4.0 e all’Internet delle Cose -, gli ambiti industriali in cui trovano applicazione e le principali iniziative promosse dall’azienda in campo sociale ed economico».
Ricerca mediante “tag”
La struttura del giornale è «agile e intuitiva»: l’home page mette ogni giorno in primo piano una o due top news – quelle aggiornabili in tempo reale – che un menù di navigazione a icone separa da otto approfondimenti. Man mano che nuove storie emergono dal flusso, le meno recenti passano automaticamente in archivio, il quale ha una particolarità: la ricerca degli articoli può essere effettuata su base tematica mediante utilizzo di ‘tag’. Ciò significa che il lettore può costruirsi dinamicamente la propria pagina selezionando quelli di preferenza.
Esordio al Watson Summit 2017
Sempre in home page trovano spazio i widget di The Weather Company, con le informazioni meteo, così come quelli di twitter e della thinkMagazineTV che porta alle interviste prodotte nel centro di video-produzione di Roma e in redazione a Segrate. Il thinkMagazine ha fatto il proprio esordio al Watson Summit 2017, una otto giorni di eventi tenutasi a Milano dal 16 al 23 maggio, al casello daziario dell’Arco della Pace, che ha visto Ibm portare in piazza ai cittadini le soluzioni di intelligenza aumentata sorrette dalla tecnologia di Watson. La redazione è guidata da Maurizio Decollanz, ex anchor a Class Cnbc, Sky TG24 e Tg5 Mediaset.
IBM e US Air Force per il supercomputer dal cervello (quasi) umano
IBM fa sul serio: i supercomputer saranno sempre più protagonisti della nostra vita futura, e non solo nel campo della meteorologia come riportato pochi giorni fa. Considerata la potenza di calcolo, i supercomputer possono elaborare numeri elevati di variabili per creare modelli matematici che consentano all’uomo di prevedere, ad esempio, i cambiamenti climatici. Ne è una prova il progetto attivato da The Weather Company – una controllata di IBM – in collaborazione con l’UCAR e il NCAR.
La partnership annunciata oggi dall’azienda americana intende estendere ulteriormente il contributo potenziale dei supercomputer. Assieme alla USAF (US Air Force), infatti, verrà portato avanti il tentativo di oltrepassare i limiti “fisici” imposti dagli attuali processori, creando il primo supercomputer capace di comportarsi come un cervello biologico.
La macchina avrà come cuore una griglia di 64 chip TrueNorth Neurosynaptic, collegati tra loro come le sinapsi presenti all’interno di un vero e proprio cervello in cui ogni nucleo è parte integrante di una rete, funziona in parallelo (quindi in caso di non funzionamento di un core non vi saranno ripercussioni sugli altri) e non necessita di clock per funzionare.
Come si comporta la rete neurale in termini di potenza di calcolo? La griglia composta dai 64 chip sarà in grado di raggiungere un livello di processione dei dati equivalente a 64 milioni di neuroni e 16 miliardi di sinapsi consumando appena 10 watt per processore.
IBM sviluppa un ricevitore ottico da 60 gigabit quasi completamente CMOS
I ricercatori di IBM Research Zurich hanno illustrato in occasione dell’edizione 2017 del Symposia on VLSI Technology and Circuits di Kyoto un ricevitore ottico a 60 gigabit al secondo che verrà abbinato, nel corso dei prossimi 12 mesi, da un corrispondente trasmettitore ottico: insieme i due dispositivi potranno costituire un ricetrasmettitore ottico completo costruito con tradizionali tecniche CMOS ad un costo che si stima essere inferiore rispetto alle normali interconnessioni in rame.
Il ricevitore ottico è di tipo a singola linea, con segnale NRZ e collegamenti basati su laser ad emissione di superficie con cavità verticale (VCSEL). Alessandro Cevrero, ignegnere in forze ad IBM Research Zurich, ha spiegato come il consumo sia estremamente basso rispetto al lavoro condotto da altre realtà che operano nello stesso campo. In particolare si parla di circa 120mW per il ricevitore per un consumo complessivo del ricetrasmettitore completo che dovrebbe poter stare al di sotto dei 300mW.
Il processo CMOS permette di realizzare un dispositivo di ingombro ridotto e i bassi consumi daranno modo di avvicinarlo al processore o al chip di switching, fino addirittura ad inserirlo nello stesso package o sullo stesso die del processore offrendo un’ampia larghezza di banda direttamente dal processore o dal chip di switching fino a 100 metri: una distanza che permette tranquillamente di coprire le esigenze di comunicazione processore-processore, processore-memoria, o server-server all’interno di un rack e da un rack ad uno switch Internet.
La possibilità di realizzare il dispositivo con tecnica CMOS ha permesso ad IBM di raddoppiare la velocità di trasmissione e per questo di ridurre il costo/Gbps della metà. I ricercatori IBM hanno quindi smentito, nella pratica, la necessità di dover utilizzare l’approccio SiGe per avere una adeguata sensibilità ottica a velocità superiori di 32 gigabit al secondo. “Possiamo raggiungere la stessa sensibilità con CMOS, ma ad un consumo energetico molto più basso” ha aggiunto Cevrero.
Il collegamento ottico a 60 gigabit al secondo che IBM ha mostrato dipende ancora da fotorilevatori discreti del gruppo III-V per il ricevitore e da laser discreti del gruppo III-V per il trasmettitore, che altrimenti permetterebbero all’intero dispositivo ricetrasmittente di essere realizzato interamente con tecniche CMOS. Questo approccio permette di non impiegare il germanio, indispensabile invece per gli approcci SoI e SiGe, e pertanto di realizzare dispositivi in grado di operare con bassa dissipazione termica.
Le altre realtà del panorama tecnologico che portano avanti la ricerca in questo campo, come per esempio Intel, usano le tecniche di silicon photonics per modulare la luce di un laser III-V e realizzare un ricetrasmettitore ottico a 25 gigabit al secondo. Intel combina quattro canali per ottenere 100 gigabit al secondo, ma con costi e consumi molto più elevati, pur con l’obiettivo di arrivare entro il 2020 allo stesso risultato di IBM.
Il prototipo che IBM ha realizzato funziona con una lunghezza d’onda di 850 nanometri, che corrisponde alla lunghezza d’onda standard per i collegamenti ottici basati su VCSEL. Thomas Toifl, responsabile dell’Interconnects Group per IBM Research Zurich ha commentato: “Fino ad ora i collegamenti ottici venivano messi da parte per via dei costi più elevati, ma ora abbiamo raggiunto il punto dove i collegamenti ottici e i collegamenti elettrici hanno lo stesso costo. I collegamenti elettrici, comunque, hanno bisogno di una equalizzazione complessa quando si passa ad elevate velocità e quindi richiedono più potenza. Inoltre la loro distanza è limitata a circa due metri, rispetto ai 100 metri della nostra soluzione ottica”.
I ricercatori hanno inoltre già esplorato possibili margini di miglioramento con vari tentativi di spingere il prototipo ad oltre 70 gigabit al secondo, anche se si attende la maturazione dei fotodiodi e dei VCSEL adatti allo scopo prima di darene rilevanza pubblica.